estrema stella

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bella senatòMi sta capitando sempre più spesso, quando esamino i libri
sulle bancarelle, negli scaffali, polverosi o ancora intonsi, macchiati o nuovi
o da edicola o da cesso, rigati e rigidi, morbidi e opachi, brutti o ridicoli o
già comprati, milioni, mai letti e mai leggiuti, mi sta capitando, insistente,
la nausea.

Mi capita quando li compro pure di portarmela dietro, nel
giubbino, in macchina, di sudarmela quella nausea, come una febbre, un fastidio
che non è per l’acquisto, o nei soldi che non torneranno, per via
dell’irreversibilità della carta, ma perchè mi si forma come un vuoto, nello
stomaco e nella testa, sapendo che non leggerò né ne avrò mai il tempo o
peggio, la voglia, che sono inclini ad accellerare verso la fine in maniera
direttamente proporzionale tra loro. Un vuoto di tempo. Cosa dicevano tutti
questi libri, cosa avranno detto mai nella mia testa, cosa non avranno più da
dire, destinati al riposo di una stanza, un letto, un comodino, un secchio

Dicev(an)o della finzione democratica, basata su un segreto tacitamente condiviso proprio grazie alla sua ovvietà: che la democrazia non può esistere se non tra
eguali
.

 

"Fortunatamente non sono uno di quelli che corrono il
rischio, sorridendo, di mostrare fra i denti pezzettini anche minuscoli, ma pur
sempre orribili e degradanti, di spinaci. La mia superiorità non dipende da un
maggior talento nello spazzolarmi la dentatura, bensì dal fatto, assi più
categorico, ch’io non mangio spinaci
"

 

Perchè ho letto così pochi spagnuoli? Ho sempre creduto ad
una mia innata idiosincrasica impulsività nel considerare mmerda tutto ciò che
provenisse da quel remoto e osceno paese che è la penisola iberica, tanto più
odiosa in quanto immaginata identica all’Italia. In realtà non ne ho idea del
perchè, non è che non mi piacciono i nomi spagnoli, cioè in realtà mi fanno
schifo da sempre, anche da piccolo odiavo il mio, di nome. E d’un tratto quel
baffettuto catalano mi spiega, nel suo incipit, cos’è che non approvo degli
spagnoli, cioè l’innegabile tendenza a non girare sui fatti ma a dirli come stanno,
di usare le cose del mondo, la brutalità della hyle, i corpi e gli spinaci, la
totalità delle sostanze teriomorfe, per andare al di là del vero.

Dunque facciamoci un giro in Spagna, per vederne un po’ di
queste storie senza veli: cos’è che rende la menzogna democratica auspicabile
nella coscienza condivisa di una comunità storicamente determinata? Il suo
carattere di accorgimento necessario, sistema di limiti felicemente
deresponsabilizzanti:

 

        
La banalizzazione più comune della comunità è completata
dal discorso legittimante della democrazia. La sua argomentazione è la
seguente: il fatto che la politica sia sempre “finita” vuol dire che a causa
della sua stessa finitezza non potrà mai raggiungere la perfezione. Una
barriera insuperabile separerà sempre verità e politica. Da qui la necessità di
mettere limiti alla comunità – [Santiago Lopez Petit]

 

Attraverso la menzogna, aggiungerei, che è dimensione di
quello scarto esistente tra verità e politica: la verità pretende dalla
comunità una responsabilità imponente, religiosa, impossibile senza un
riferimento esterno, ultraterreno.

La visione socialista ottocentesca abbracciava questa
categoria della responsabilità dell’uomo nei confronti dell’umano in un
orizzonte teleologico svuotato, apparentemente privo del divino. Pura speranza
nel genere umano, indirizzato alla collettivizzazione dei beni e dei mezzi (non
solo delle norme, quindi) come verità ultima della storia. E’ in questa
ambizione di verità – cosa che la democrazia non contempla neppure – che il
socialismo si smaschera per ciò che è, ovvero una teologia.

 

Il nostro spagnolo ci è noto per il tramite del solito
tedesco, ma andandoselo a leggere – in quelle edizioni rigorosamente destrorse
com’è costume italico – Juan Donoso Cortés risulta davvero spigliato e
gradevole, nonostante tutta la mia nausea, e spagnolescamente diretto al cuore
del problema, il suo problema di quel periodo in cui la reazione tentava di
tappare il vaso di Pandora delle rivoluzioni postilluministe, il problema
dell’appeal che l’ideologia socialista suscitava nelle intellighenzie e nelle
masse, la sua forza dirompente e inarrestabile. Da dove veniva?

        
Il socialismo è forte perché è una teologia, ed è
distruttore perché è una teologia satanica – [dal Saggio sul cattolicesimo, il liberalismo e il socialismo]

Come un ortodosso del quarto secolo che parla della gnosi e
la giudica, Donoso attribuisce al socialismo una consistenza politica, ma ne
riconosce il carattere satanico laddove esso puntasse tutto nella fiducia
incondizionata nei riguardi della solidarietà umana, fiducia che è fede e si
proietta nell’avverarsi di un’eternità storica impossibile senza Dio.

L’ambasciatore Donoso conosceva il miraggio della solidarietà,
la bella favola ingannatrice che muoveva la violenza europea del ’48. Quanti di
loro potevano essere comprati, infiltrati, sedotti dietro le barricate, dentro
le conventicole… Uomo di mondo, si auspicava che la “comica incoerenza e
pusillanimità”* del liberalismo venisse debellata da ben altre forze rispetto
al socialismo, male forse peggiore perché illusorio, seduttivo, satanico.

Ma perché non si può credere nella solidarietà come
categoria astorica, nucleo da disseppellire come una perla nel cuore degli
uomini?

No non lo si può credere: anche la solidarietà nasce, cresce
e muore con il cristianesimo e i suoi derivati. Satana inganna, anteponendo e
posticipando l’origine e la fine dei concetti.

 

L’altro spagnuolo, vivente e baldanzoso, vive appunto con me
il periodo in cui lo stesso termine “socialismo” risulta grottesco e finanche
offensivo, quindi il suo problema non è quella forza temuta da Donoso, ma forse
la sua estinzione. O più propriamente, l’enigma di come quella “comica
incoerenza e pusillanimità” di cui sopra abbia fatto a prevalere sul
socialismo, e su altri pittoreschi tentativi di ripristino identitario, di come
ci abbia infine incatenati tutti ad un incerto destino, il suo.

Ma ne dirò altrove

 

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*Definizione di Antonio Allegra

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