Dell’impudenza politica – VI

La Grande ArteI primi a bearsi di questo segreto di Pulcinella come tardiva "scoperta" nel cuore del turbocapitalismo alla fine della storia sono stati, com’è noto, gli straussiani (filorepubblicani) d’oltreoceano.
In Italia, curiosamente, siffatta ideologia ha trovato terreno fertile tra le fila del PCI e di tutta quella "sinistra" investita dalla disillusione che non è esclusiva della cifra 89, ma di tutto l’intero decennio ottanta. La consapevolezza che di appetibile ne era rimasta solo l’estetica, per esempio, e la stessa disamina critica dell’estetica in generale come modalità standard di fare/essere sinistra.


Per chi voleva fare politica, in effetti, lo sguardo doveva rivolgersi altrove: in questo senso vanno, forse, lette le virate al largo dell’ideologia della dissimulazione di un Giuliano Ferrara, pronto ad allearsi e a contribuire – con il suo cardanismo, chiamiamolo così – ad accelerare il processo di consapevolezza delle caste di cui si fece servitore.  


E’ innegabile che la parola di Dell’Utri risenta di questi echi, che ne sia permeata e forse risulti anche più affascinante perchè meno opaca, trasparente di semplicità nella sprezzante rinuncia (incapacità?) allo "scrivere tra le righe" così come imporrebbe il codice straussiano.
Palese è come questa prefazione, che parla di segreto e dissimulazione, non abbia niente di esoterico; palese è il desiderio, impossibile da soddisfare, di far comprendere al volgo come la dissimulazione sia in realtà la forma più prestigiosa e moralmente elevata di libertà che la "vera natura" dell’umano possa concedersi, che il redattore stesso -quando può- si concede.
Se ne può cogliere la malinconica presa d’atto – di non poter far apprezzare universalmente ciò che deve essere taciuto, la propria grandezza – in questa chiosa:


– Per questo conviene rileggere Cardano […], questo documento servirà a un bambino del futuro per piangere un suo simile che, tanto tempo prima, provava ancora il gusto della libertà di dissimulare o di essere d’accordo con un passo politicamente scorretto di Giulio Cesare.-

Quanta amarezza, per tema di non essere realmente riconosciuto, di poterlo essere solo nel futuro (e per fortuna!)… che sia stato un imbarazzante (e controproducente) narcisismo intellettuale da sfogare sui posteri a mettere in piedi questa Silvio Berlusconi Editore (e la sua unica collana) è, non lo nascondo, una delle mie prime ipotesi.
Che la questione fondante del segreto e della dissimulazione ("regola eterna"!), della prudenza politica, ne abbia reso necessaria una "doppia" distribuzione, chiusa la prima e rarefatta la seconda, è stata la mia ipotesi immediatamente successiva.   


"Tacer si deve per avere l’Imperio", diceva Eliphas Levi. Ma. Il voler dire il dover non dire deve essere un’esperienza lacerante per chi incarna lo spettacolo: il dissimulatore è un genio politico incompreso per sua stessa scelta. Perchè tanto odio* verso chi è qualitativamente superiore?
Come ovviare alla condivisione di questa genialità, della propria eccellenza, senza scoprire le carte in pubblico?
Come far capire che la propria impudenza è un valore altissimo, la più alta forma di libertà, frutto di lavoro incessante, di rinunce inimmaginabili (la rinuncia alla simpatia, per esempio, o al quieto vivere nella legalità)? Da che punto cominciare a battere per spezzare le catene dell’incomprensione, l’incomprensione degli altri, che si fa sempre più arrogante… sempre più violenta

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