Dell’impudenza politica – V

Scritta ripresa da un muro di Via Tanucci - CasertaSchmitt ci dice che chi detiene il potere la legge la fa, Svetonio ci insegna che chi ambisce al potere la legge la viola: il (vero) rivoluzionario è fuorilegge per sua stessa ammissione, coscientemente.


Il rivoluzionario proietta la propria sovranità al futuro, lavora il presente per ribaltare le sorti della legalità – a prescindere dall’utopia che si vorrebbe veder realizzata. Di contro, chi ha nel presente le redini del diritto, lavora per rendere potenzialmente infinito il presente stesso in una sfiancante e improbabile manutenzione del tempo.
Nessuna delle due posizioni è comoda, anche perchè la prima tende inesorabilmente a sfociare nella seconda, se gli va bene.


Il problema è che il diritto è per sua natura violabile, fallace, interpretabile anche qualora fosse divino. E’ un mastodontico arbitrio che nasconde con la sua mole la "vera natura" dell’uomo che desidera il potere, la colossale ipocrisia attraverso la quale è possibile valutare come saggio un uomo buono. Una volta compreso che il diritto è il luogo dove si nasconde l’errore, che in virtù di questo può (e deve) essere violato, e che dunque il malvagio non è (sempre) stupido – in quanto tende a violare ciò che va violato, siamo davvero sulla lunghezza d’onda di Cardano e della sua "prudenza"?
Eppure violare il diritto espone a dei rischi che sono in assoluto contrasto con qualsiasi sfumatura del concetto di prudenza. Ha senso farlo solo se lo si fa in segreto: una volta scoperto che il diritto nasconde la "vera natura" dell’uomo, perchè rivelarlo agendo nell’illegalità palese, l’illegalità rivoluzionaria?
Attraverso l’istituto del segreto strategico e della dissimulazione consapevole il diritto diventa un ottimo alleato: è concesso a chi lo viola di detenerne contemporaneamente il potere, spezzando quella lotta impari contro il tempo del ciclo rivoluzione/stabilizzazione.
Può la dissimulazione di una elite valere come imbattibile progetto ideologico per chi vuole andare fino in fondo, fino alla "vera natura" dell’umano?
Per essere chiaro anche su questo, Dell’Utri cita dal capitolo LXXIX del testo quella che per lui "è una regola eterna [sic.]":
– Ci sono alcuni che vogliono sapere i tuoi segreti; se glieli dici, al di là del rischio che essi li rivelino, da quel momento sarai costretto a vivere a loro arbitrio. –

Il vero problema dell’elite è l’elite stessa: mantenere il suddito nell’illusione della propria buona saggezza, il proprio luogo comune… mantenere in piedi la fede/fiducia altrui nella legge, nell’ordinamento democratico che regge a prescindere, nell’idea stessa di democrazia dunque, è l’unica difesa contro la scoperta del segreto.

Che la democrazia non può esistere se non tra eguali.

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