dei fantocci: la ricerca scientifica italosionista

Con ordine: grazie a trenitaglia, efficace specchio del belpaese, ho perso l'unico concorso di quest'anno. Con quattro ore di ritardo m'era difficile sedermi in quel di Pisa e perderlo comunque. Così, rimborsato e contento, me ne son tornato alla seggiola del mio lavorio. Quatto quatto epperò insofferente mi sono andato a sbirciare il sito dell'università, ché non si sa mai, un rinvio una cosa, un fatto per venire incontro ai forzati dei trasporti pubblici o agli autisti semplicemente, banalmente stanchi dopo giornate così e cosà… Ovviamente niente, epperò una  notizuola, succosa, presto riportata a mo' di Eichmann dei poveri su indymedia per vedere l'effetto che fa.
Per coloro che i link li tengono a noia, si sappia che ero uno di quelli a Roma, uno di quelli che – bontà sua – con l'accendino accende solo sigarette, e all'aperto per "nuocere eventualmente a me soltanto". Uno di quelli che alle masse ancora crede, e lascia moglie incinta e finesettimana a casa per farsi quattro passi bagnati coi palestinesi itagliani. Uno di quelli che in anticipo sa che per i fantocci non c'è scampo in terra così come per i giornalisti non ce n'è in cielo. Anche sapendolo, ci si va perché il motivo per il quale s'era organizzata la faccenda stavolta aveva quel che di pragmatico e onesto da sentirsi in dovere di presenziare, almeno come numero. Motivo talmente pragmatico e onesto da risultare pericolosamente credibile tanto da far correre altri ai ripari con l'incredibile manifestazione parallela a Milano, della quale uno dei punti chiave era "trasferire la sede dell'ONU a Gerusalemme".

Certo, come no. Noi (noi!) semplicemente s'era in piazza per "la revoca dell'accordo militare Italia-Israele". Ovvero, la richiesta che univa diverse centinaia di persone a Roma sabato scorso era la richiesta di revoca della legge 17 maggio 2005 n°94. Stop. Non mi sembra che questo sia uscito fuori dalle fiamme televisive, ma non ho certo visto tutta la programmazione dei giorni successivi, a volte anch'io ho qualcosa di meglio da fare. Allora, modestamente, ne introdurrò un po' a voi milioni di lettori. La 94/2005
– ha per oggetto la ratifica e l’esecuzione del Memorandum d’intesa tra il Governo dello Stato della Repubblica Italiana e il Governo dello Stato di Israele in materia […] di cooperazione nel settore militare e della difesa, firmato a Parigi [nel 2003].
Il memorandum in questione è secretato dai noti "motivi di sicurezza" (di chi?). Quindi a noialtri in balìa di finanziare e sconti e scongiuri vari non è dato sapere con precisione in che modo verranno spesi 181 milioni di dollari per un generico "sviluppo di un nuovo sistema di guerra elettronica progettato per inabilitare i velivoli nemici”. Possiamo immaginare che non saranno tutte caramelle da dare ai cari arabi di Palestina. Possiamo intuire che non fa parte di una strategia di "equidistanza", pardon, equivicinanza (a meno che non siano i Palestinesi da intendersi come terzo escluso nemico a entrambi allo stesso modo). Possiamo altresì intuire, data la nostra notoria efficienza in fatto di tecnologia militare, come mai Israele abbia acchiappato quella batosta estiva in Libano alla quale proprio in questi giorni cerca grossolanamente di rimediare riprendendo gli omicidi politici mirati. Che i nostri coretti prontamente imputano a Siria e Iran indistinatmente (a me non risulta che nel Grande Manuale della Destabilizzazione e del Controllo ci sia scritto "quando guadagni terreno, datti la zappa sui piedi", ma sarà una vecchia edizione spuria).
Oltre a ciò possiamo fare ben poco, se non scendere in piazza a dire "guardate, io non sto (ancora) girato dall'altra parte" e poco più. Tanto basta a far scatenare l'inferno della repressione mediatica, tutti i giornalisti – tra i quali riconosco, non senza stupore, un (ex?) cocainomane delle mie (vecchie?) parti – in cerchio intorno al fuocherello, come un sabba fotografico nel pieno centro della capitale. Qualcuno dice d'avermi visto a Porta a Porta e io non posso diffamare nessuno per vilipendio d'immagine. Loro possono farmi invece tutto come hanno sempre fatto – ridere, per esempio.

Ritorniamo al nostro accordo da cui il teatro: forumpalestina fa giustamente notare la "sottile" ambiguità di chi "invia le sue truppe in Libano nel quadro della missione Unifil 2 come forza di interposizione tra Israele e il Libano […] mantenendo un accordo di cooperazione militare con Israele" che renderà quantomeno "difficile che le forze popolari libanesi possano ritenere ancora a lungo l’Italia un paese “neutrale”". Ma quest'ambiguità è davvero più "sottile" di quanto non si creda.
Ecco perchè mi hanno incuriosito questi due incontri che si terranno a Pisa domenica (ovviamente non sabato) 26 e lunedì 27 di questo mese. Incontri dal titolo "La cooperazione universitaria italo-israeliana" e "I dilemmi di Israele come paradigma per l'Europa". Il primo incontro, qualificato come "cooperazione universitaria", ospita alle 14:30 Giulio Vivo (Centro Ricerche FIAT) in "Progetti di ricerca e collaborazioni tra Istituti ed Aziende Isreaeliane ed il Centro Ricerche FIAT".
Giulio Vivo è responsabile del CRF di Trento, sede distaccata alla quale sono affidati quattro settori di ricerca "Microsistemi, Info-Telematica, Manifacturing virtuale, Business information technology" [vedi qui].

Più in dettaglio:
– Il Polo Info-Telematica sta invece sviluppando un laboratorio per la telematica nei trasporti in collaborazione con la Facoltà di Ingegneria di Trento, mentre il Polo manifacturing virtuale è intenzionato a mettere a disposizione delle aziende trentine strumenti e metodologie per ottimizzare i prodotti ed i processi produttivi dal punto di vista sia tecnico, sia dei costi e dell’impatto ambientale, nonché risorse locali con competenze di eccellenza in grado di arricchire la capacità di innovazione dell’intero tessuto industriale. Tre sono le sue linee di ricerca: tecnologie eco-compatibili per materiali leggeri e ad elevate prestazioni; tecnologie di fonderia evolute per materiali ad elevate prestazioni; tecnologie di fabbricazione a basso investimento. Nella prima fase le tematiche saranno indirizzate alle aziende che utilizzano le tecnologie di fonderia e di stampaggio lamiera. [ibid.]
La guerra è la "prestazione più elevata" che possa richiedersi ad un materiale.

Ma non è questo il pezzo forte. Alle ore 16:10 della prima giornata di convegno ci sarà l'intervento di chiusura: "Ricerca scientifica e sviluppo sociale in Israele". Relatore: Sergio della Pergola, direttore della Division of Jewish Demography and Statistics dell'Università di Gerusalemme. A questo signore anche l'onere di presiedere all'intera seconda giornata di convegno, il seminario sui "dilemmi" d'Israele come "paradigma dell'Europa". Sull'eloquenza del titolo non mi esprimo. Meglio forse soffermarci sul personaggio.
Della Pergola scrisse, a nome della comunità degli italiani in Israele, una accorata lettera all'allora Ministro degli Esteri Gianfranco Fini, caro a tanti di noi, in occasione della sua visita a Gerusalemme (ve lo ricordate Fini con la Kippah in testa, cosa che probabilmente dimezzò di netto i simpatizzanti di AN?). Questa lettera, di cui consiglio integrale lettura, contiene tante belle considerazioni, vediamole insieme:
– Esprimiamo qui nuovamente, attraverso la persona dell'On. Fini, la nostra commossa solidarietà ai carabinieri, ai soldati, e ai civili italiani uccisi in Irak nel compimento di una missione di pace. La mano che colpisce in Irak è la stessa che colpisce a Istanbul, a Riad, a Bali, e a New York l'11 settembre 2001. E' la stessa mano che colpisce i cittadini di Israele in una ininterrotta catena di atti di terrorismo, nella quale sono caduti anche membri della nostra comunità, e che causa il coinvolgimento della società di questo paese in una dura reazione della quale sono purtroppo a volte vittime anche persone innocenti.
Notare la sequenza di causa-effetto a fronte dell'inspegabile violenza. Ancora:
– La società occidentale ha a lungo cercato di ignorare e ancora non ama riconoscere l'evidente unità di intenti che accomuna queste manifestazioni di terrorismo e d'intolleranza. Noi vorremmo che la società civile in Europa si mobilitasse nel condannare la barbaria infame del fondamentalismo, e nel combattere con coraggio la battaglia per la difesa dei valori di democrazia e di civiltà che sono comunque patrimonio comune dell'Italia e di Israele. Nell'infelice sondaggio dell'Unione Europea sulla gestione della crisi irakena, gli Italiani sono la nazione che meno di tutte, in Europa, ha identificato in Israele un pericolo per la pace nel mondo. Altri recenti sondaggi ci mostrano, peraltro, che gli spettri e i pregiudizi dell'antisemitismo sono sempre presenti, anche in Italia, in forma esplicita e latente. Se è vero che è principalmente da una crassa e diffusa ignoranza che nasce gran parte del pregiudizio e dell'odio antiebraico, esiste tuttavia una pericolosa commistione nell'opinione pubblica fra i problemi che riguardano lo Stato d'Israele e la percezione delle comunità ebraiche in Italia e nel mondo.
Crassa e diffusa ignoranza, vagli a dare torto, su questo mi trova d'accordo – la gente si ammocca (e merita) tutto perchè non sa. Ma sentite qua:
– A creare questa deplorevole confusione ha contribuito un'informazione elettronica e stampata ossessivamente unilaterale, improntata spesso a una mistura di ignoranza e parzialità. L'intreccio di interessi politici ed economici, e le passioni viscerali che stanno a monte di questa campagna diffamatoria meriterebbero una lunga analisi. Falsi amici e finti compagni di strada si sono adoperati con cinismo in quest'opera quotidiana di disinformazione, di diseducazione, e di delegittimazione. I tristi risultati sono di fronte a noi e, da angolature politiche paradossalmente diverse, ci rammentano da vicino campagne diffamatorie antisemite svolte in altri tempi da giornali come il Tevere o il Popolo d'Italia o lo Sturmer .
Ecco che si rigirano al "nemico" le proprie colpe, la propria propaganda. Una tecnica rodata.
– Notiamo con soddisfazione che negli ultimi tempi si sono levate molte voci, e fra queste chiarissima quella dell'On. Fini, che hanno stigmatizzato questo stato di cose e hanno cercato di introdurre un maggiore equilibrio nelle comunicazioni di massa. E ricordiamo anche che l'Italia presiederà tra breve la Task Force europea sull'Educazione e la Commemorazione dell 'Olocausto .
L'antidoto è una Task Force, parte di quel pacchetto di cui parrlavo qui.
– La visita del Presidente Fini è anche quella del leader di un grande movimento politico italiano.
[Applausi]
– Le sue dichiarazioni recenti sul problema delle migrazioni dimostrano una visione sociale democratica e lungimirante, oltre che – a nostro parere – una corretta lettura analitica della questione.
[Applausi scroscianti]
– negli ultimi decenni la Shoah è stata non di rado strumentalizzata nel perseguimento di altri obiettivi politici, o comunque è stata ridimensionata da letture che ne hanno travisato i tragici veri contenuti.
Lo sto sostenendo da anni anch'io, ma forse in senso inverso. A questo punto troviamo una sorta di bignami della filosofia siocon che, non me ne vogliate, riporto per intero (chi non è interessato può risparmiarselo, ma è la chiave):
– Ma restano ancora delle ombre che chiedono di essere eliminate perché quella lunga marcia di avvicinamento possa dirsi completata. Si tratta, in primo luogo, di verificare i punti di riferimento e gli elementi di continuità e di discontinuità fra le ideologie politiche del passato e del presente. Nelle dichiarazioni programmatiche di Fiuggi, noi troviamo una lista di personalità della politica e della cultura che rappresenterebbero il Pantheon del nuovo movimento. In proposito, nel suo importante volume su "La destra e gli ebrei", scrive Gianni Scipione Rossi che vi è
"una caratteristica, il pluralismo culturale, che il postfascismo conserva con orgoglio anche dopo la nascita di Alleanza Nazionale. «Nella cultura politica della Destra – si legge nelle tesi di Fiuggi – sintesi dei movimenti intellettuali ispirati al realismo, […] dunque, c'è posto per il decisionismo di Schmitt e le elaborazioni del sociologismo politico di Pareto, Mosca e Michels, per l'antistatalismo di don Sturzo e la critica alla partitocrazia, per il pragmatismo di Rensi e il relativismo di Tilgher, per le aperture umanistiche di Giovanni Gentile e le suggestioni "sociali" di Spirito, per Prezzolini e Papini, Marinetti e Soffici, Evola e d'Annunzio». E' un patrimonio culturale, quello di AN, «formato di molte cose», che «ci fa essere comunque figli di Dante e di Machiavelli, di Rosmini e di Gioberti, di Mazzini e di Corradini, di Croce, di Gentile ma anche di Gramsci», perché «nulla si separa, nulla si distrugge nella formazione di una memoria storica e culturale»."
Ora, chiaramente, i concetti di inseparabilità e di indistruttibilità delle fonti dell'identità politica, e anche alcuni dei nomi ora citati suscitano molte riserve e perplessità. Ma vi è un nome che rappresenta lo spartiacque fra ciò che può essere tollerabile se non legittimo, e ciò che comunque non può esserlo, fra ciò che può essere conservato, sia pure a titolo di reperto museale, nella memoria politica collettiva, e ciò che va rigettato senza possibilità di compromessi. Il nome è quello di Julius Evola. Evola non può essere considerato semplicemente un esponente del pluralismo auspicato dalla nuova grande destra costituzionale. Si tratta di uno dei grandi teorici dell'ineguaglianza e della gerarchia fra gli uomini, intesi come "razze dello spirito" ancor più che come "razze del sangue". Evola è uno degli esponenti più determinati, esaltati, insidiosi e vili dell'odio nei confronti dell'ebreo considerato abbietto e inquinante in quanto individuo, e in quanto membro di una comunità organizzata. E tale odio ossessivo finisce per manifestarsi coerentemente anche nell'additare Israele come il nemico delle nazioni. Sono queste le dottrine allucinate che hanno generato le conseguenze tragiche per la vita di decine di migliaia di persone di cui i nostri fratelli in Italia e noi qui, loro rappresentanti in Israele, siamo stati testimoni. E le successive professioni di inconsapevolezza delle conseguenze da parte dell'autore di tanto scempio non possono essere prese se non come una tardiva beffa.
Tutto ciò che è stato detto sopra è "tollerabile se non legittimo", tranne Evola. Togliete Evola e avrete la forma ideologica del sionismo.

Adesso viene la parte più succosa, le proposte:
Si tratta innanzitutto di porre un blocco all'antisemitismo e all'antiisraelismo dilagante, operando un'azione educativa in profondità che impedisca l'isolamento della comunità ebraica e poi, inevitabilmente, la sua aggressione fisica. Gli eventi alla Sinagoga di Roma del 1982 sono una testimonianza drammatica di come questo sceneggiatura sia effettivamente possible.  
•  Nel contesto istituzionale europeo, l'Italia può giuocare un ruolo di guida nella lotta all'antisemitismo attraverso l'attività legislativa e attraverso gli organi tecnici preposti ai programmi scolastici.
•  Nella scuola pubblica italiana, vanno verificati attentamente i libri di testo sui quali si formano le nuove generazioni di Italiani, e nei quali esistono tuttora e, crediamo, in misura crescente storture e manipolazioni della storia del popolo ebraico e dello Stato d'Israele. In questo senso, l'accordo culturale fra Italia e Israele prevedeva una commissione mista italo-israeliana che sarebbe opportuno mettere in moto.
•  Fatta salva l'autonomia delle università in Italia, sarebbe anche utile effettuare un'indagine conoscitiva dei programmi di corso attinenti a Israele, il conflitto Medio-orientale, l'ebraismo, e delle bibliografie rilevanti, e incoraggiare un dibattito aperto su questi temi.
•  Nel quadro delle garanzie di vigilanza sulle telecomunicazioni, va prestata attenzione ai contenuti del reportage che tanto danno ha causato all'immagine di Israele e, per traslato, a quella dell'intera compagine ebraica.
[sottolineatura mia, i punti che seguono li posso anche ritenere legittimi, n.d. me]
Leggetevi il quarto punto, leggetelo e imparatelo a memoria, recitatevelo davanti allo specchio, pensando ai 18 morti "per errore" a Beit Hanoun, alle nonne kamikaze, alle case demolite, all'umiliazione sistematica di milioni di persone, ai roghi di Roma e le sinistre unite in sdegno. Tutto a memoria, pensando ai vostri figli e a quelli degli altri, israeliani compresi. Non dimenticatevelo, così come vi chiese quell'ebreo che, avendo compreso la strumentalizzazione della sua sofferenza, si tolse la vita.

La lettera è datata 23 Novembre 2003, ovvero cinque mesi dopo la firma del memorandum di cui sopra e un anno esatto prima dell'incontro a Roma tra il Presidente (del Consiglio) Berlusconi, il Ministro della Difesa Martino e il Ministro della Difesa Israeliano Mofaz su fatti che a noi, ovvero ai nostri cari media, non riguarda(va)no.
Ma chi è questo maestro di sincerità, quest'autogol a nome Sergio Della Pergola che ci parlerà, lunedì 27 presso l'Aula Liva del Dipartimento di Storia dell'Università di Pisa (Via Paoli 13), dei "dilemmi di Israele come paradigma per l'Europa"?
Della Pergola è "uno dei consulenti più vicini a Sharon, il maggior esperto mondiale di demografia dell’ebraismo" come ci dice Sandro Magister qui. Un italiano da' consigli al mai troppo compagno Sharon. Consigli su cosa poi? Da buon studioso di demografia e tristemente noti "spazi vitali", Della Pergola consiglia una strategia inversa alla deportazione, ovvero il rilascio e annessione ad Israele di pezzi di terra a popolazione rispettivamente "giudea" e "araba".
– Nello scambio – da trattarsi con la controparte palestinese – Israele cederebbe un triangolo di territorio a ridosso dell’attuale confine, a est di Tel Aviv e Netanya, abitato da popolazione prevalentemente araba; più un insieme di villaggi della Galilea anch’essi abitati da arabi.
La cessione riguarderebbe circa mezzo milione di arabi, un terzo di quelli che vivono entro i confini attuali di Israele.
In cambio, Israele integrerebbe entro i futuri confini alcune aree della Cisgiordania in cui attualmente risiedono circa 60.000 coloni ebrei: Ma’ale Adumin, a est di Gerusalemme; Gush Etzion, a sud di Gerusalemme sulla strada che porta a Hebron; Ariel, più a nord. I restanti coloni, circa 150.000, abbandonerebbero le rispettive aree di insediamento, che passerebbero al nuovo stato palestinese.
Per quanto riguarda Gerusalemme, il piano prevede che amministrativamente il suo territorio metropolitano resti tutto sotto controllo israeliano. Ma con settori affidati ai palestinesi, sia nella Città Vecchia attorno alla spianata delle moschee, dove continuerà a risiedere il gran mufti musulmano, sia nei quartieri orientali come Abu Dis, dove il nuovo stato palestinese avrà i suoi uffici direzionali.
 
Signori, questo è il Piano E1 (ne ho scritto qui e anche qui). Il piano delle riserve indiane in Palestina. Ed è opera di un italiano.
C'è da dire che i fatti del Libano di quest'estate hanno cambiato un po' di cose, adesso si rendono necessarie misure ulteriori, i "dilemmi d'Israele" di fronte alle falle del controllo devono diventare "paradigma dell'Europa".

Chiudo. Mentre tre fantocci bruciano via la richiesta di "fine della collaborazione militare" manifestata esponendo verità "che tanto danno potrebbero causare all'immagine di Israele", a Pisa si continua il discorso sulle collaborazioni universitarie con Israele, sulla ricerca. Che gli spiccioli aggiunti in finanziaria vadano verso quella direzione?
Una nota di colore sulle dimensioni del conflitto: due giorni dopo l'intervento a Pisa, a Livorno si gioca Maccabi-Haifa per la UEFA. Ovviamente, per rendere onore alle idiosincrasie tra le due città e ai conflitti eterni, i livornesi sono invitati a tifare Maccabi ed esporre bandiere palestinesi.

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