necroresistenza e pornopropaganda

soccorrimi"Coloro che dicono che il mondo andrà
sempre così come è andato finora…
contribuiscono a far sì che l'oggetto
della loro predizione si avveri"
Immanuel Kant
Scritti politici e di filosofia della storia e del diritto

Così si apre la finanziaria 2007, questa sconosciuta, a pg. 9. La più sibillina delle citazioni, porci tutti di fronte al giudizio del passato e del futuro. Anche se il "meglio" del mutamento è quasi implicito, l'assenza di un eventuale "peggio" non è affatto garantita. Il che è un ottimo modo per introdurre un DPEF presentato con il (solito, appunto) piglio soteriologico. Però sfogliando il nostro documento ci si imbatte in cose curiose, e peraltro vere, che denunciano un'ideologia di fondo decisamente opposta al mutamento: a pg.109 si accenna all'"intervento dello Stato nella cultura" e relativo finanziamento da collocarsi "a livelli congrui con la capacità di produzione di spettacolo che ci si attende dal nostro paese". Avete letto bene: "ci si attende". Ovvero, è implicitamente ovvio che da questo paese esca spettacolo, è atteso da un "ci" talmente vasto che travalica giocoforza i confini nazionali. Un paese che è tenuto a produrre, fare spettacolo, ne va della sua propria identità.

In questo siamo sempre stati visti come l'avanguardia: la lezione che Debord "ci" fa sull'Italia (mi pare nell'introduzione all'edizione italiana del '79 della societé, ma forse pure nei commentari) analizzando la gestione del fatto Moro in quel fine dopoguerra che furono gli ultimi '70, esprimeva la sua convinzione di come noi fossimo in prima linea e nei mezzi e nei metodi e nelle risorse impiegate nella gestione spettacolare del sistema statale (Berlusconi ne ha semplicemente imposto un canone). Sarebbe ozioso analizzare che tipo di spettacolo ci si aspetti da noi, che target di spettatori sia ancora disposto a consumarci all'estero e per cosa. Piuttosto questa "attesa", segnalata come così ovvia, è sentita da noi spettatori italiani verso lo spettacolo imbastito dalle altre nazioni? E queste sentono la stessa urgenza dei nostri governi nel cercare di non tradirla? Io risponderei sì a entrambe, ma per non attardarmi troppo arrivo al dunque: la "giornata della memoria" è un tipico esempio di pacchetto all-inclusive creato, da un lato, per non disattendere l'aspettativa di spettacolo della morte subita che garantisce identità all'elettorato dello stato di Israele e, dall'altro, per non disattendere la nostra addomesticata voracità di atrocità di cui quello spettacolo si pone come termine ultimo. La forza economica della "giornata" sta nella sua ciclicità: non si tratta di un banale "una tantum", evento unico che ricorda l'evento unico (che talvolta si vorrebbe come ultimo), ma di una data, un sempre presente che scandisce il tempo come altre, e altrettanto arbitrarie (l'undici settembre è solo una artificiale pantomima di quello spettacolo), ricorrenze. Credo si tratti della forma meglio realizzata di spettacolo che "ci si attende" da un paese, reso possibile dal fatto che nello specifico si tratta di un paese unico, uno stato "democratico ed ebraico" che in tale definizione mantiene una voluta ambiguità tra confessione e popolo così come viene percepito. Nel ciclo che la "giornata" scandisce si riconduce tutta la violenza del presente d'Israele, quella prodotta e quella subita (dove la prima è infinitamente superiore alla seconda), sui binari dello stesso spettacolo – omogeneizzando il senso critico delle masse d'Occidente su una pena indistinta e generalizzata che paradossalmente fa risultare quella violenza come inevitabile, costitutivamente implicita ai per-sempre-vittime che sono (devono essere) gli "ebrei". Lo spettacolo che "ci si attende" da Israele è la morte, quello su cui si fonda la sua identità. Quello che in Occidente vende di più, insieme al porno.
Probabilmente dal rifiuto di questa merce nasce il moderno antisemitismo occidentale, la più immediata (e volgare) forma di critica possibile. Merce anch'essa, che potrebbe finire per vendere di più. I tempi cambiano, i passatempi.
Comunque. Che tipo di spettacolo ci si attende, invece, prodotto da uno di quei "generici" paesi islamici? Sicuramente una propaganda molto meno raffinata e dozzinale, fatta di missili sparati in aria e sceicchi ribelli a spasso per le montagne. Dispersiva, artigianale. Ebbene, c'è di meglio in giro.
Ritornando al porno, ché di questo si tratta, un articolo postato proprio  qui su noblogs mi ha dato da pensare, a male. Alla finanziaria dell'anno scorso, con la sua porno tax che istituiva un'addizionale del 25% alle imposte sul reddito per chi produce o distribuisce materiale pornografico o che induce alla violenza. Ecco. Per essere coerenti con l'ammonimento nascosto di Kant, non sarebbe stato male inserire in quella di quest'anno una tassa sulle immagini di violenza spacciata per informazione, o di morte spacciata per memoria.

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2 Responses to necroresistenza e pornopropaganda

  1. notears says:

    ma a Teheran ne parleranno?

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