d’alema e il nichilismo

spiegacelo tuPrendendo come spunto un frammento di Nietzsche in cui il nichilismo viene presentato in tensione tra i due poli della "distruzione" (attiva) e "disgregazione" (passiva), Nancy ["Tre frammenti su nichilismo e politica", questa prima parte è del 1994] sviluppa l'ambiguità e s'interroga su cosa accada nell'intervallo tra le due possibilità, proponendo come essenza stessa del nichilismo l'attardarsi indefinitamente (per un tempo virtualmente infinito, quindi) in tale scomodo "intervallo".
"Non finire mai di finire"; "La normalità è l'intrattenimento indefinito dei fini" sospesa tra "distruzione ed estinzione" mai portate (o da non portare?) a compimento ultimo. Che poi a ben vedere è un "già e non ancora", sul quale diversi secoli prima della morte di Dio venne edificata la Grande Chiesa, in cui il ricordo del "già" è andato definitivamente perduto nel "non ancora". Ma la vera differenza sta nella doppia possibilità del termine ultimo, che non è ancorata a nessun principio etico o morale, ammesso e non concesso che attività e passività dell'eventuale compimento possano risultare prive di giudizio.
Questa doppia possibilità – ineluttabile – del "non ancora" è davvero così importante? O esiste una precisa dialettica tra estinzione e distruzione (tra percezione dell'estinzione che si sviluppa in distruzione costante, circoscritta e controllata?), sulla quale si dipana l'assorbimento di speranze di un telos in step-motion?

Dopo la Russia, nel Caspio (a Kashagan, località situata pochi chilometri a sud del porto di Atyrau – ex Gur'yev), ci fu la più grande "scoperta" di fonti energetiche del dopoguerra (in realtà fu proprio a Baku, a metà XIX secolo, la prima scoperta di "campi di petrolio" – e i russi sapevano del petrolio di Atyrau, ma non di quanto ce ne fosse). Diversi miliardi di barili di questo sangue nero della terra, meno pregiato di quello arabico ma altrettanto utile, si troverebbero proprio lì sotto il mare. Un mare Kazakho.
Tempo fa mi capitò di seguire alcune lezioni di una ragazza brillante, Michela Cerimele, che adesso insegna – mi pare a Roma – "Economie in transizione". Andò in Kazakhstan per la ricerca di dottorato e ne trasse, nel 2004, una tesi dal titolo "Lo sviluppo negato nel Kazakistan post-sovietico: gli 'Spazi del Capitale'". La Cerimele parlò di Atyrau e della monoproduzione kazakha, che si riduce all'estrazione (soprattutto di gas) e alla raffinazione del greggio. Ma soprattutto parlò della realtà di tutti quei kazakhi esclusi dal ciclo produttivo (e distributivo) del petrolio/gas e del loro status di "ridondanza". Ma per descrivere questa condizione occorre introdurre brevemente il paese.  

L'ex metalmeccanico Nursultan Nazarbayev (classe 1940, autore anche di un'autobiografia in inglese, ISBN: 1899044191) è il "presidente" del Kazakhstan sin dalla sua indipendenza, ovvero da quindici anni. Prima di coprire questo ruolo, il nostro è stato Presidente del Consiglio della Repubblica Socialista Sovietica Kazakha dall'84 all'89 e segretario del Partito Comunista Kazakho dall'89 al '91. In pratica Nazarbayev "possiede" il Kazakhistan, e le sue risorse, da ventidue anni. L'OSCE ha avuto da ridire sulla sua rielezione a fine 2005, vinta con il 91.15% delle preferenze e due oppositori politici assassinati, ma la polemica non ha avuto alcuna risonanza dalle nostre parti (per gli osservatori cinesi le elezioni si svolsero invece nella maniera più "chiara e corretta" possibile). Né è stato possibile che dell'interno uscisse una voce "contro": la figlia del presidente, Dariga Nursultanovna Nazarbayeva, possiede tutti i media del paese. Il marito di Dariga, Rakhat Aliyev, ha il Ministero degli Affari Esteri. Nazarbayev è padre di una seconda figlia, Dinara (che dirige il "Fondo Nazionale per l'Istruzione"), sposata con Timur Kulibayev (figlio a sua volta del Ministro dei Lavori Pubblici). Questo Kulibayev, ex vicepresidente dell'azienda di stato per il petrolio e il gas KazMunaiGas, è oggi presidente di una compagnia per la gestione dei beni statali, la Samruk (creata ex-novo con decreto del Presidente della Repubblica all'inizio di quest'anno):
– Tra le competenze della Samruk vi sono la revisione dei bilanci e degli investimenti delle compagnie statali, il monitoraggio delle loro attività e la consulenza sulle questioni riguardanti la finanza corporativa. La società sarà gestita da un consiglio di amministrazione, inizialmente composto da cinque membri: il ministro delle Finanze, il ministro dell'Economia, il presidente della compagnia e due direttori indipendenti. Nel portafoglio della Samruk – che verrà formato gradualmente nei tre anni successivi alla sua formazione – saranno inclusi i pacchetti azionari delle 20-25 maggiori compagnie statali del Paese. Inizialmente faranno parte del capitale della società le azioni delle compagnie KazMunaiGaz, Kazakhstan Temir Zholy, Kazakhtelecom, KEGOC e Kazpochta. Le compagnie statali contribuiscono per un 10,4% alla formazione del PIL del Kazakistan – [da Globus, la "piattaforma multiterritoriale delle Camere di Commercio d’Italia"]
Kulibayev lasciò la vicepresidenza della KazMunaiGaz in attesa di vedersi regalare dal suocero il controllo di tutte le compagnie statali.

Insomma avete capito come funziona il K., una "repubblica" a conduzione familiare molto gradita agli Stati Uniti. Ma anche a Russia e Cina: una specie di Eldorado dove è facile trovare oro a prezzi – e condizioni – agevolate dalla cara famiglia Nazarbayev. E poi il K. si è sempre dimostrato corretto: il surplus della monoproduzione kazakha ha reso possibile, tra l'altro, l'estinzione del debito (contratto con il Fondo Monetario Internazionale) ben sette anni prima della scadenza. Questo surplus consente anche una tassazione ridotta al minimo che non incide sulla povertà dei kazakhi. Che sono 16 milioni, e non lavorano tutti nel petrolio. C'è anche il grano e il cotone. E basta.
A riempire questo basta ci pensano varie ONG interne ed internazionali, quasi sempre finanziate dalle stesse trade-companies, con le loro attività di micro-credito. Che servono a non produrre niente di durevole e sostenibile e ad insegnare, per il futuro, a dipendere da qualcun altro. A non decidere e, dunque, a non aspirare a qualcosa di diverso dalla sopravvivenza. Un'enorme gestione del palliativo per milioni di persone che si trovano ad occupare uno spazio con dei confini senza nulla dare e nulla avere dalla famiglia Nazarbayev. Gente inutile in attesa della morte per dissipazione, mantenuta in uno stato di sospensione tale per cui non si tocca mai un estremo negativo, la fame per esempio, che "induca" i kazakhi ad organizzarsi autonomamente – ribellarsi – per non soccombere. A questa sospensione si riferiva la Cerimele nel suo concetto di popolazione ridondante sulla quale si fonda la finzione democratica del buon Kazakhstan. Totale assenza di partecipazione al proprio spaziotempo: il nichilismo realizzato in attesa dell'estinzione delle risorse e la distruzione che la guerra futura chiederà in tributo per quelle poche rimaste. La normalità della prima ipotesi di Nancy è pienamente realizzata sulla sponda nordorientale del Caspio, e in via di realizzazione anche in Occidente.
Ma quest'intrattenimento indefinito dei fini storicamente realizzato dipende solo dai presunti giacimenti sommersi o riuscirà a riciclarsi in forme diverse? Ovvero: il nichilismo ha un termine anche come fase storica, dopo aver dimostrato di averlo come categoria filosofica?

Ogni mattina nel traffico della tangenziale ascolto radiotre. Primapagina, le telefonate, le risposte, la scuola italiana, le ragazzine con le pance da fuori a novembre, i videogiochi violenti. Una giornalista, Concita De Gregorio questa settimana, che a seconda dei casi risponde da donna "di sinistra" o da ultima delle neoreazionarie ("la questione non è se la bambina vada sepolta o non sepolta viva, la questione è che i videogiochi devono essere controllati…") in un affascinante moto ondulatorio della coerenza. Poi le notizie sul traffico e il tg (la mattina il traffico a NA è spietato). C'è Massimo D'Alema, intervistato ad Astana. Astana, la città della cyberapocalisse asiatica, la casa dei Nazarbayev costruita nel centro del nulla con spreco di plexiglass acciaio e fontane che dalla radio non si possono vedere. D'alema, giunto lì di ritorno dal suo giro cinese per siglare un accordo energetico che ci possa salvare quando i russi chiudono i rubinetti del gas, dice che i rapporti col Kazakhstan possono aituarci anche a risolvere il guaio afgano esportando laggiù un po' della sana democrazia delle steppe.
Ma D'Alema lo sa se il nichilismo ha un termine anche come fase storica?

 

Noterelle serali:

– Ho trovato su indymedia una sintesi un po' datata (ma ottima) delle relazioni economiche tra Italia e Kazakhstan. Mi trovo e la metto anche qui: karachaganak.pdf

– Fino a stamattina il giocherellone che ha scritto la voce "Kazakistan" su it.wikipedia inseriva – tra le cifre (assenti) del punto "risorse" (http://it.wikipedia.org/wiki/Kazakistan#Risorse) – la frase "il kazakistan fa schifo non c'è un cazzo". Non potendo approfondire oggi avevo pensato di farlo stasera… ebbene quella (pur veritiera) affermazione non c'è più. Ritenendo abbastanza difficile che nell'arco di otto ore qualcun altro oltre me si sia accorto di questa cosa e si sia prodigato ad espungerla, e essendo altresì convinto di non aver ancora perso definitivamente il senno immaginandomi frasi inesistenti, ho buoni motivi di credere che Wikipedia sia costantemente monitorata sulla frequenza degli accessi e controllata da qualche losco personaggio laddove la cosa appaia "anormale". 

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