io, qualcosa, so. e me lo provo

http://tsiapocalypse.free.fr/galerie2006/108leviatano_mare.jpgche non è pubblicare per la mondadori l'errore, anzi, che se a parità d'urgenza ed emergenza ne avessi avuto le capacità, la competenza, l'opportunità, la volontà e la voglia – in primo luogo – sarei stato il primo ad auspicarmela, quella distribuzione. Non rinnego quanto detto altrove, un anno fa e qualcosa in più, una vita, riferendomi al notevole lavoro di Saviano:
– Quel potenziale di cui la tua scrittura si fa carico è sempre ancorato alle asimmetrie della distribuzione, molto prima di ogni eventuale ricezione [nazioneindiana].
E infatti ritengo lodevole l'esito distributivo del suo primo, importante e necessario lavoro. Il fatto che io consideri Saviano ideologicamente nemico – in quanto firmatario di  Sinistra per Israele, stesso motivo per il quale reputo nemico Furio Colombo, che resta comunque uno dei più grandi giornalisti italiani – non mi toglie la possibilità di apprezzarlo e stimarlo più di tutti gli altri miei connazionali (e coetanei) pubblici e privati. Sarebbe ipocrita dirmi che mi è simpatico, in realtà non lo conosco, ancor di più consolarmi nascondendomi un'insana e preoccupante invidia, amplificata da una paranoia tutta privata e tutta mia.
– Non me ne volere, Roberto, ma non credo che la scittura estemporanea, rannicchiata e relegata in piccole alcove protette, possa da sola tentare di scardinare la protezione della paura. [ibid.]
Così chiosavo, e ne sono ancora convinto: il salto di qualità distributiva ha fatto il botto, infatti, e sotto gli occhi di tutti. Uscire dall'alcova cavalcando la tigre editoriale ha fatto riemergere Napoli dall'abisso delle abitudini di chi da sempre ci vive, cacciando fuori dallo specchio la paura per quello che è – un sentimento bestiale invivibile per lunghi periodi. Soprattutto quando sopravvivenza, colpa delle parole, significa qualcosa in più di mangiare cacare dormire e fottere. Il pariamiento stanca.

Ma, come Saviano sapeva bene, quella tigre fa presto a levarsi la maschera, mostrandosi Leviatano indomabile: il mostro ha messo Napoli di nuovo al centro del nostro giudizio, quello estemporaneo di "stranieri", tarando verso il basso le aspettative dell'autore, presumo, allontandolo dalla sua creatura, esponendolo a rischi ancor più reali in quanto sfruttati dal mostro per espanderne il potenziale di vendibilità. Com'è che si fa a questo punto. Io non saprei muovermi: una curiosità mi rode nel tentativo di prevedere l'esito di questa storia. Napoli non si salverà, è certo, se salvarsi vuol dire qualcosa, un verso dove – da soli. Solo una rottura più vasta, non certo entro i confini di una provincia, potrebbe operare il cambiamento: smascherare il cuore del leviatano, smascherarlo alla massa, rendere la massa nuda a se stessa. Io che sto dentro il leviatano, che lavoro affinchè viva grazie alla comodità della sopravvivenza che mi concede, so che uno come Saviano potrebbe farlo, strappare i costumi di scena e la scena stessa strappandoseli da dosso per primo, ne ha quasi raggiunto nella visibilità speciale l'autorità sociale. Ma mi sto allontanando da ciò per cui ho iniziato.
Ho iniziato per la mondadori, che da sola non è il problema, anzi. Se presa come inizio e non come finale, ben venga. E credo sarà questo il caso di Giovanni Lindo Ferretti: io so che sta per uscire un suo libro, di memorie forse, per la mondadori. So che questo può meravigliare solo pochi sprovveduti che non sono a conoscenza delle recenti uscite pubbliche del nostro. So che chi non si meraviglia è già in cattiva fede. So anche che se io non mi meraviglio non è perchè sia in cattiva fede, ma per i motivi sopraelencati. Perchè Ferretti, come Saviano, non è uno sprovveduto. In parte, poi, è uno dei miei più cari maestri. E dalla sua ha l'età. Dico questo perchè,
perchè ho letto da poco una sua lettera uscita su "Il Foglio" del nemico Ferrara, l'unico italiano ad aver compreso e adottato Leo Strauss e la sua realpolitik dissipativa, uscita il 12/8/2006. In questa lettera, in risposta ad un suo apocrifo (o spacciato per tale, la cosa non mi riguarda), ho intravisto la raggiunta consapevolezza di quali siano le forme virali capaci di intaccare il leviatano: "Dal rifiuto del dolore ci si puo' solo aspettare la glorificazione del sadismo e del masochismo come forma contemporanea dell'eros". Si presta bene, ma non è una lettera esoterica. Anzi. Diciamo che mi ha dato l'impressione di un setaccio. Ma conviene riportarla integralmente, per capire:

– Due giorni fa è arrivata al Foglio la lettera di un "Giovanni Lindo Ferretti". L'autore della burla, come noi del resto, che abbiamo pubblicato lo scritto apocrifo, non sapeva che il cantante e musicista e autore non si firma così. Il tema dell'intervento era l'utopia dell'eliminazione scientifica del dolore. Questa è la risposta dettata da "Ferretti Lindo Giovanni".

Tre possibilità: é un mio omonimo, é un anonimo scrivente voglioso di farsi notare, é qualcosa che non comprendo e, passato il momento, insignificante oltre che inutile. Solo la seconda possibilità ha qualcosa di intrigante ma siamo al punto di partenza perche' anonimo.
Gia' allertato da un messaggio e una telefonata, trovo finalmente il Foglio e leggo la "mia" lettera. Incredulo e sempre più sorridente mi viene voglia di sottoscriverla, anzi farla mia, riconoscerla.
Sono vent'anni che i giornalisti mi fanno dire cose che non mi appartengono nella forma e spesso anche nella sostanza. Dettato e riassunto sono stati banditi dalla scuola dell'obbligo che preferisce fomentare la creatività senza sapere che questo è il modo migliore per distruggerla. E' raro ormai che rilasci interviste, non solo per la banalità delle domande, ma anche per la sciatteria nel trascrivere le risposte.
Ebbene io credo ciò che dice la "mia" lettera ma: troppa grazia sant'Antonio. Non sono così colto, non argomento in questo modo le mie opinioni e soprattutto non ascolto la radio, tantomeno Radio radicale. Non è un particolare insignificante. La lettera esiste come polemica con la suddetta, e per quanto giusta, ne risulta determinata, confinata in quel contesto. Dei polemisti apprezzo arguzia, bella scrittura, concisione.
Dopo la sfogliata generica è: Andrea's Version, a seguire Preghiera e la ricerca dell'Elefantino il mio laico rito mattutino, ma se io dovessi scrivere di dolore preferirei raccontare del mio che attanaglia la carne e ottenebra la mente. L'ho conosciuto e attraversato cercando di coglierne il senso, anche il ringraziamento.
La malattia, il dolore che ne deriva e accompagna la guarigione è parte essenziale del cambiamento, del fiorire come personalità, del crescere. Permette di acquisire il senso del tragico e del meraviglioso nel quotidiano. Se dovessi scrivere di dolore, lo farei con pudore e timore perché so che senza dolore non c'è vita.
La pretesa di abolire il dolore nasconde la voglia di bandire la compassione, la riduzione della propria e altrui vita a meccanica animaloide determinata da parametri medico-psicologici e politico-economici. E' la nuova frontiera del privilegio in cui la genetica si erge a deità principe in un olimpo affollato come mai. E' proprio della follia moderna, la superstizione scientista, dire, banalizzare il mistero della vita. Erodere lo spazio del sacro, del religioso, per poterlo rivendere come vizio, prima a caro prezzo per le avanguardie, poi scontato per tutti. Non è forse con l'erosione della mistica che si è fatto campo alle droghe di massa? Dal rifiuto del dolore ci si puo' solo aspettare la glorificazione del sadismo e del masochismo come forma contemporanea dell'eros. La crescita esponenziale delle turbe da depressione e dei suicidi adolescenziali.
E' proprio dei Santi accettare con gratitudine il dolore, il proprio non quello altrui.
E' proprio dei Santi, nell'esempio del Cristo, farsi carico del dolore di tutti.
Per noi che santi non siamo, l'analgesico è una necessità e la buona salute il miglior augurio. Lenire il dolore ché la carne è debole è una conquista della civiltà, quindi un problema di misura, un riconoscere il limite. La pretesa di debellarlo non è che l'apertura di nuove soglie, imprevedibili, nel dolore.
C'è un dolore sconosciuto che già affiora qua e la' sul presupposto della sua sconfitta. Conoscete gli incubi da sovradosaggio di anestesia? Lo strazio di un corpo prostrato da un intervento chirurgico e incapace di utilizzare la propria riserva energetica perchè obbligato a un benessere irreale e falso che contrasta il processo di guarigione doloroso ma vitale? Non posseggo cultura medica e solo in caso di necessità, ahimé frequente, mi affido paziente ubbidiente ma traggo dall'esperienza motivi di riflessione e di giudizio. Combatto le superstizioni tanto millenariste che positiviste anche in ospedale.
Per cio' che riguarda la difesa della Chiesa, delle sue posizioni, della necessità di ponderazione nel suo operare, rifuggo ogni polemica. Per troppo tempo sono stato succube, seppur volontario, di una falsificazione della Storia che la identifica come controparte reazionaria alla libertà umana. Quel tempo è finito, Dio sia lodato, non lascio ai suoi nemici dichiarati, occulti, anche compartecipi e ben posizionati, l'ordine del giorno dei miei interessi, del mio impegno, delle mie priorità. Sono ogni giorno più cattolico, cattolico bambino, felice di addormentarmi stanco e nell'aprire gli occhi contento di questo dono che è vivere. Un dono vero, non facile, non ovvio, sempre a rischio e sorprendente. Sono così bambino nel mio essere cattolico da essere fermo, inchiodato nel mistero dell'Incarnazione. Forse perchè, generazione su generazione, figlio di pastori, e c'erano pastori in quella capanna grotta stalla sotto una stella nel regno di Giuda in terra d'Israele al tempo dell'Imperatore Augusto in Roma quando da una giovane Madre, Immacolata in eterno, è nato il Salvatore del mondo, l'Incarnato.
Mistero che si puo' solo sfiorare ma fa vibrare nuova tutta l'umanità.

Ferretti Lindo Giovanni

P.S. Se fossi un politico, cercherei l'anonimo omonimo per ingaggiarlo. Intelligenza e cultura, la giusta dose di strafottenza, sono comunque merce rara e preziosa. Ha studiato dai gesuiti per caso? Lo chiedo senza invidia, con orgoglio, ché io sono stato educato dai salesiani.

Bene, se il tono del suo "Reduce" sarà questo, ben venga la mondadori.

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