ai margini delle conventicole

una stella a cinque in un mondo di seiGünther Anders chi era costui. Anch'egli roba di Husserl.
Dato che il mondo ci è fornito in casa, non ne andiamo alla ricerca; rimaniamo privi di esperienza.
Il silenzio delle cose scomode amplificato dal fracasso di quella stronza che fu la sua prima moglie.
Quando me ne andai da Marburgo mi ero ripromessa che non avrei più amato nessuno, e più tardi mi sono sposata con il primo venuto, senza amarlo.
Disse lei riferendosi a lui in una lettera alla moglie di Heidegger, ometto privo d'esperienza che non fosse cattedra e sacrestia.
Stroncato da Adorno, Anders era un "primo venuto" nelle parole della Arendt. Otto anni di matrimonio portati avanti, forse, solo per la presenza del fascinoso cugino Benjamin.
Piccola combriccola di ebrei lungimiranti e ricchi. Tutti professori, tutta intelligencija pro e contro Zion dell'ebreitudine perduta o da recuperare o da rifare, dell'estetica della persecuzione. Dello stardom filosofico di portanza e riflettori e carta.
Lui, operaio in america, sapeva della passione di Kafka per la condizione di perseguitato eletta a statuto dell'ebraismo dai candidi ashkenaziti su entrambe le sponde dell'atlantico. Una passione estetica ancor prima che ideologica: la faccia visibile del nichilismo è vittimista. E affascinante.

Dato che il mondo ci è fornito in casa come immagine, pensiamo di conoscerlo. E di poterne trarre giudizio.

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